20.02.2018
Helianthus Val di Sole

LEGGE MERLIN

Il 20 febbraio del 1958, esattamente sessant’anni fa, entrò in vigore la legge n. 75 della Repubblica Italiana che regolamentò la prostituzione, chiudendo le case di tolleranza, o meglio dette case chiuse o, più propriamente definiti BORDELLI, fino ad allora legali e controllati dallo Stato. Per la storia del costume fu una svolta epocale, che divise il Paese e che fa discutere tuttora, perché la riforma abolì qualcosa ma non lo sostituì con niente, creando un vuoto ambiguo.

Per molti fu una conquista di civiltà.

Per altri fu solo un’ipocrisia.

Per i movimenti femminili fu un importante passo per affermare la dignità della donna.

Sostanzialmente la legge stabiliva, nel termine di sei mesi dall’entrata in vigore della stessa, la chiusura delle case di tolleranza, l’abolizione della regolamentazione della prostituzione in Italia e l’introduzione di una serie di reati intesi a contrastare lo sfruttamento della prostituzione altrui.

La legge, proibendo l’attività delle “case da prostituzione” puniva sia lo sfruttamento sia il favoreggiamento della prostituzione, in particolar modo “chiunque in qualsiasi modo favorisca o sfrutti la prostituzione altrui”.La norma prescriveva anche la costituzione di un Corpo di polizia femminile, che da allora in poi si sarebbe occupata della prevenzione e della repressione dei reati contro il buon costume (sanzionati anche dalla stessa legge Merlin come “libertinaggio”) e della lotta alla delinquenza minorile.

Una prima versione del suo disegno di legge in materia di abolizione delle case chiuse in Italia, Angelina Merlin l’aveva presentata nell’agosto del 1948 su sollecitazione di un gruppo di donne dell’Alleanza femminile internazionale in visita al Parlamento italiano e su suggerimento di Umberto Terracini, che aveva fatto la tesi di laurea sulla prostituzione. Il progetto divenne legge, dopo un lunghissimo iter parlamentare, il 20 febbraio 1958, grazie anche alla circostanza che nel 1949 l’Onu aveva impegnato gli Stati membri a punire chi traeva guadagno dalla prostituzione altrui.

E lo Stato italiano, entrato nelle Nazioni Unite nel 1955, rischiava di finire sotto accusa.

Così l’esigenza di evitare imbarazzanti problemi internazionali si sposò con spinte interne, che già da dieci anni puntavano ad abolire la prostituzione legalizzata. La Merlin, prima donna della storia italiana sui banchi del Senato, già nel 1948 aveva messo a punto il suo progetto di legge, che però si era arenato per l’opposizione trasversale di varie formazioni. Solo quando le direttive dell’Onu cominciarono a premere sull’acceleratore, la stragrande maggioranza del Parlamento diede il via libera.

A fianco di Angelina Merlin ci fu, per esempio, Carla Voltolina, moglie del futuro presidente della Repubblica Pertini, autrice del libro “Lettere dalle case chiuse” ricco di drammatiche e toccanti testimonianze sulla vita delle ragazze prigioniere della prostituzione di stato e che vivevano in condizioni di squallore e degrado inimmaginabili.

Ma Angelina Merlin fu donna particolarmente innovativa e determinata e questo, non soltanto  le valse né riconoscimenti, né meriti, ma la renderà oggetto di attacchi ingiuriosi e di pesanti sarcasmi.

 Infatti, pochi mesi dopo l’entrata in vigore della famosa legge, il partito a cui aderiva, decise di escluderla dalle liste dei candidati e candidate alle elezioni del 1963.

Forse, una DONNA che aveva semplicemente aiutato altre DONNE doveva essere esclusa?

 Angelina Merlin stracciò la tessera del partito, polemizzò aspramente con le forze politiche, attaccando indistintamente tutti, “fascisti rilegittimati, analfabeti politici e servitorelli dello stalinisimo”. Poi si ritirò a vita privata a Milano, dove scrisse le sue memorie, pubblicate postume. Morì a Padova nel 1979.