16.09.2023
Varie | Violenza contro le donne

Solidarietà alle donne iraniane

Mahsa Amini, conosciuta anche come Zina o Jîna Emînî, fu arrestata Il 13 settembre 2022 dalla polizia religiosa nella capitale iraniana, dove si trovava con la sua famiglia in vacanza, a causa della mancata osservanza della legge sull’obbligo del velo, in vigore dal 1981 (poi modificata nel 1983) per tutte le donne nel Paese, sia straniere, sia residenti. Dopo essere stata arrestata per aver indossato l’hijab in modo sbagliato, perchè considerato troppo allentato, e condotta presso una stazione di polizia, la giovane è in seguito deceduta in circostanze sospette il 16 settembre, dopo tre giorni di coma, suscitando l’indignazione dell’opinione pubblica.

 Masha Amini presentava ferite riconducibili a un pestaggio, nonostante le dichiarazioni della polizia affermassero che era deceduta a seguito di un infarto. Testimoni oculari affermarono che era stata picchiata e che aveva battuto la testa. L’incidente avrebbe causato un’emorragia cerebrale. La morte di Mahsa Amini è diventata un simbolo della condizione femminile e della violenza esercitata contro le donne sotto la Repubblica islamica dell’Iran. 

Solidarietà alle donne iraniane.

Da allora sono iniziate manifestazioni di solidarietà alle donne iraniane in ogni parte del mondo per la morte della giovane Masha Amini  arrestata per non aver indossato correttamente il velo e morta per le percosse subite dopo tre giorni di agonia.

Solidarietà alle donne iraniane.

E, al grido –Donne, vita, libertà. Solidarietà alle donne iraniane- sono oggi, ad un anno dalla morte di Masha Amini,  numerosi i cortei, le manifestazioni e le proteste per le violenze esercitate sulle donne in Iran  e per le centinaia  di vittime della repressione del regime iraniano.

Proteste e manifestazioni  anche davanti l’ambasciata della Repubblica islamica a Roma e in varie capitali nel mondo.

Secondo Iran Human Rights- organizzazione che promuove la difesa dei diritti umani in Iran-,

 un anno dopo l’omicidio di stato di Jina (Mahsa) Amini e l’inizio delle proteste nazionali “Donna, Vita, Libertà”, non c’è stata alcuna responsabilità per le centinaia di manifestanti uccisi.

Iran Human Rights ha verificato l’uccisione di 551 manifestanti, tra cui 68 bambini e 49 donne. Inoltre, almeno 22 manifestanti, tra cui quattro bambini e otto donne, sono morti per suicidio o in circostanze sospette.

Solidarietà alle donne iraniane.

Le Nazioni Unite hanno istituito una missione d’inchiesta in risposta alle richieste delle organizzazioni per i diritti umani, tra cui IHRNGO, a causa del rifiuto della Repubblica islamica di consentire indagini indipendenti e qualsiasi mezzo per cercare responsabilità.

Pubblicando questo rapporto, IHRNGO sottolinea l’importanza di documentare i crimini della Repubblica islamica e chiede maggiori sforzi e partecipazione da parte di tutti i paesi impegnati nella Dichiarazione universale dei diritti umani nel ritenere la Repubblica islamica responsabile.

Il direttore, Mahmood Amiry-Moghadam, ha dichiarato: “È diritto inalienabile del popolo iraniano protestare contro l’oppressione, la corruzione e la discriminazione e determinare il proprio sistema politico. La sanguinosa repressione delle proteste a livello nazionale che hanno portato alla morte di centinaia di uomini, donne e bambini, è stata diffusa, sistematica e pianificata dalle autorità e costituisce un crimine contro l’umanità. Tutti i colpevoli, da Ali Khamenei a tutte le forze repressive, devono essere ritenuti responsabili dei loro crimini”.

Solidarietà alle donne iraniane.

La sanguinosa repressione delle proteste a livello nazionale che hanno portato alla morte di centinaia di uomini, donne e bambini, è stata diffusa, sistematica e pianificata dalle autorità e costituisce un crimine contro l’umanità.

Solidarietà alle donne iraniane.

 

Fonti:

Iran Diritti Umani | Articolo: Rapporto di protesta di un anno: almeno 551 morti e 22 morti sospette | (iranhr.net)

Morte di Mahsa Amini – Wikipedia

Mahsa Amini, per non dimenticare: le manifestazioni in tutta Italia | Vanity Fair Italia