18.12.2017
Helianthus Val di Sole

Indagine WE World: c’è una cultura ancora legata agli stereotipi

Il 23 novembre scorso sono stati presentati i risultati di una indagine “La percezione della violenza contro le donne e i loro figli”, condotta da Ipsos per conto di WeWorld Onlus, organizzazione non governativa che da quasi 20 anni promuove e difende i diritti dei bambini e delle donne a rischio in Italia e nel mondo. È stata l’occasione a distanza dalla precedente ricognizione, del 2014, per fare un bilancio dell’opinione di un campione di 1000 persone (49% uomini, 51% donne tra i 18 e i 65 anni) intervistate nel mese di ottobre 2017, su una serie di affermazioni in tema di stereotipi di genere (tra parentesi la somma delle percentuali di chi è molto d’accordo o abbastanza d’accordo):

  • La donna è capace di sacrificarsi per la famiglia molto più di un uomo (65%)
  • Per una donna è molto importante essere attraente (62%)
  • Tutte le donne sognano di sposarsi (37%)
  • In presenza di figli piccoli è sempre meglio che il marito lavori e la moglie resti a casa con i bambini (36%)
  • Per l’uomo più che per le donne è molto importante avere successo nel lavoro (35%)
  • La maternità è l’unica esperienza che consente a una donna di realizzarsi completamente (32%)
  • È soprattutto l’uomo che deve mantenere la famiglia (28%)
  • Avere un’istruzione universitaria è più importante per un ragazzo che per una ragazza (17%)
  • È giusto che in casa sia l’uomo a comandare (13%)

Gli stereotipi sono duri a scomparire,

soprattutto è evidente che sono patrimonio delle stesse donne che li trasmettono: il 33% di loro si dichiara d’accordo con l’affermazione che tutte le donne sognano di sposarsi, per il 12% il successo nel lavoro è più importante per gli uomini. Per una grossa percentuale di uomini e donne la maternità viene considerata l’unica esperienza che permette una piena realizzazione.

Insomma, persiste un immaginario di donna accudente, ancora fortemente legata ai ruoli di cura, domestici, familiari, di supporto e welfare gratuito e dato per scontato. Resta forte l’idea di una donna che per “natura” è più portata e idonea a svolgere questi compiti. L’uomo non è immune dal doversi occupare delle faccende domestiche certo, ma è la donna ad essere capace di sacrificarsi per la famiglia, molto più di quanto sappia fare l’uomo, soprattutto in presenza di figli e figlie.

Dall’indagine risulta che la violenza è ancora giustificata:

  • Per il 16% degli intervistati se un uomo viene tradito è normale che diventi violento.
  • Per il 14% le donne non dovrebbero indossare abiti provocanti.
  • Per il 26% se una donna picchiata non lascia il marito, e verrà picchiata di nuovo, sarà anche per colpa sua.
  • Per il 14% può capitare che gli uomini diventino violenti per il “troppo amore”.

Secondo Marco Chiesara, presidente di WeWorld Onlus, il “Paese è sostanzialmente spaccato a metà, tra coloro che si schierano in modo deciso a favore delle donne, e chi invece considera il fenomeno della violenza un fatto eminentemente privato”.

Grafico

Oggi se ne parla sempre di più, questo incrementa la consapevolezza sul tema della violenza di genere, ma non è sufficiente, perché solo l’11% delle donne che hanno subito un abuso poi trova la forza di denunciare. Il sommerso è un gravissimo problema da affrontare e da analizzare a fondo, andando a lavorare sui fattori che dissuadono o rendono complicata la possibilità di intraprendere un percorso di fuoriuscita dalla violenza.

Una soluzione c’è: stare vicino alle donne e ascoltarle, nel loro quotidiano, da vicino, nei quartieri e nei luoghi in cui vivono, conoscendo le esperienze e le loro storie, comprendendo che i percorsi di ciascuna non sono assimilabili, sono differenti e che per questo occorre parlare un linguaggio e mettere in campo un’azione in grado di coinvolgere tutte davvero. Dare il tempo giusto alle donne e non considerarle una massa unica, ma multiforme e per questo occorre lavorare in modo mirato, in punta di piedi, senza voler forzare nulla e senza giudicare. L’amore richiede cultura. E la cultura richiede uno sforzo ulteriore per fermarsi all’ascolto.

Indagine realizzata da: WeWorld Onlus, www.weworld.it

Per informazioni: info@weworld.it