21.07.2017
Helianthus Val di Sole

Senza statistiche di genere la diversità diventa ingiustizia

Di seguito una sintesi dell’articolo di Linda Laura Sabbadini sull’importanza delle statistiche di genere.

Politica potrebbe essere sostantivo femminile. Ma al momento non lo è.

E non solo perché per troppo tempo poche donne se ne sono occupate, ma anche perché non è mai stato adottato un approccio di genere  nelle politiche, con la valutazione  dell’impatto di genere dei provvedimenti e l’adozione del Gender Budgeting per tutte le amministrazioni.

E’ mancato uno sguardo femminile, il cosiddetto imprinting di genere che rappresenterebbe una grande innovazione di cui tutti potrebbero avvantaggiarsi. Eppure le Conferenze Mondiali delle Donne dell’ONU avevano cominciato a porre questi come ingredienti essenziali delle politiche  e come priorità già all’inizio degli anni ’80. La Conferenza Mondiale di Pechino del 1995 li codificò con grande autorevolezza e fu alla base della elaborazione successiva dei diversi Paesi.

Molti fenomeni cruciali da un punto vista sociale ed economico, come la disoccupazione, la povertà, lo sviluppo economico, non sono neutrali dal punto di vista del genere, impattano cioè in modo diverso su uomini e donne. I decisori politici devono saperlo: se ci si fa un’idea sbagliata sulla situazione reale non si agirà conseguentemente per modificarla.

Le statistiche di genere rappresentano, dunque, una base fondamentale per l’azione.

E’ per questo che le statistiche di genere hanno un grande valore sociale, perché possono promuovere cambiamenti, contribuire ad eliminare stereotipi, permettere la reale comprensione della situazione di uomini e donne, e soprattutto, dare una base solida per la formulazione di politiche e valutazione delle misure. Non dimentichiamo che la popolazione, in Italia, è influenzata da stereotipi e vecchie tradizioni; spesso politiche apparentemente neutre risultano diverse nei loro effetti per donne e uomini, e finiscono quindi per rafforzare le disparità. La differenza, di conseguenza, si trasforma in diseguaglianza. Le statistiche di genere, d’altra parte, permettono di effettuare confronti per sesso degli indicatori, assicurando così che la partecipazione di uomini e donne alla vita pubblica e il loro contributo alla società sia correttamente misurato e valutato. Sono fondamentali, tra l’altro, perché rappresentano una base essenziale per la costruzione dei bilanci di genere e per la valutazione dell’impatto di genere delle politiche che non è mai stato fatto nel nostro paese. Ogni amministrazione, centrale o locale che sia, ha bisogno di poter valutare l’impatto di genere delle misure e delle politiche che sceglie di praticare e dovrebbe essere cosciente, già prima di adottarle, del risultato che queste avranno.

Al momento, ad esempio, non è dato sapere quanta parte del bilancio complessivo arriva alle donne e quanta agli uomini, eppure è un dato che se fosse pubblico potrebbe essere utilmente analizzato. E che porterebbe indubbi vantaggi, in particolare per lo studio della condizione delle donne.

DONNE che hanno contribuito al miglioramento delle condizioni di questo Paese, non solo inserendosi sempre più nei luoghi decisionali, ma anche diventando soggetti proattivi di leggi di grande rilevanza sociale per il Paese. Basti pensare al ruolo delle madri costituenti e della discussione sull’art. 3 della Costituzione, della legge Merlin, alla legge sulla parità salariale, quella sull’inserimento degli studenti disabili nelle scuole, quella innovativa sui servizi all’infanzia, quella contro la violenza sulle donne, sullo stalking, alla presenza delle donne nei CDA, a quella sul diritto di famiglia e sull’aborto.

Timidi passi li sta facendo il Ministero dell’Economia, ma c’è bisogno di affrontare questa questione con un nuovo approccio, con quell’attenzione di genere essenziale al rinnovamento della politica e agli strumenti di cui ci dotiamo per farla.

 

 

Linda Laura Sabbadini

Dirigente di ricerca Istat, già direttore del Dipartimento statistiche sociali e ambientali dello stesso istituto. Editorialista de La Stampa, insignita Commendatore per le innovazioni introdotte nelle statistiche ufficiali sociali e di genere, inserita tra le 100 eccellenze italiane nel dicembre 2015