18.11.2022
Varie

Deve finire il tempo del dire per passare a quello del fare.

Ricevo da Isa Maggi e pubblico la prefazione di Sandro Raimondi- Procuratore della Repubblica di Trento- al pamphlet da diffondere per far conoscere la Convenzione d’Istanbul in occasione del 25 novembre 2022 Giornata Mondiale per l’eliminazione della violenza sulle donne.

 

 

Si usa quasi sempre la parola “impegno”.
Si utilizza alla radio, in televisione, sui giornali e sui social, nei siti di informazione e in tutti i mezzi di comunicazione quando si parla delle aggressioni e degli abusi contro le donne.

Se ne parla ogni giorno, perché ogni giorno si assiste a episodi di violenza nelle varie sfaccettature, da quella verbale a quella estrema che porta all’omicidio della donna, immancabilmente per opera del coniuge, del convivente o dell’ex partner.

Ho usato di proposito il termine omicidio e non ho fatto uso dell’espressione femminicidio. Non perché faccio il magistrato, e, pertanto, dovrei osservare che non esiste il reato di femminicidio, quale terminologia prevista nel codice penale, ma quello di omicidio. L’ho utilizzato soprattutto perché ritengo che la locuzione femminicidio contenga in sé una sorta di violenza, proprio sotto un profilo ontologico. Quando viene ucciso un uomo si parla, infatti e semplicemente, di omicidio. L’altro vocabolo implica una diversità, a mio modo di vedere, ghettizzante, che riduce la persona offesa in un’area di vittimizzazione di genere che non induce a concretizzare la parola impegno in fatti concludenti.

Deve finire il tempo del dire per passare a quello del fare.

La risposta del pianeta giustizia alla violenza sulle donne è debole e spesso non tempestiva.
Le forze di Polizia e la Magistratura dovranno adattarsi e adoperarsi per affrontare tutta la problematica contenuta nelle leggi e indicata, altresì, nel cosiddetto Codice Rosso, strutturandosi in continua coordinazione tra di loro.

La procura della Repubblica di Trento è l’unica procura italiana che abbia sottoscritto un protocollo con l’azienda sanitaria di una provincia (in specifico riferimento a quella autonoma di Trento, coinvolgendo successivamente anche la procura di Rovereto) per attuare l’obbligo della normativa che ha introdotto il Codice Rosso. In piena adesione alla mia iniziativa, l’azienda sanitaria ha istituito un nucleo di psicologi che garantiscono una operatività in ogni giorno dell’anno e che vengono contattati dagli appartenenti alla Polizia Giudiziaria e dai Magistrati della Procura medesima per interrogare le donne vittime di violenza nel primo contatto con la giustizia, entro i tre giorni previsti dalla legge. Anche i traumatologi e i ginecologi delle strutture ospedaliere sono stati allertati affinché non sottovalutino le patologie che sono portate alla loro conoscenza, ma indaghino su eventuali episodi di violenza di genere.
Questo accordo consente al Magistrato di porre e formulare le domande su quanto è accaduto alla donna in modo corretto e non suggestivo, con la finalità di raccogliere gli elementi di indagine che poi consentiranno – avanti a un Tribunale – di condannare l’autore dei soprusi e delle prepotenze: contemporaneamente la vittima viene considerata anche sotto un profilo, per così dire, clinico, da parte dello specialista che assiste sin dall’inizio alla sua testimonianza.

Durante la clausura imposta dalla pandemia si è registrato un considerevole aumento dei casi di violenza contro la donna da parte del coniuge o del convivente.

Normalmente la vittima veniva allontanata dall’abitazione e condotta in un luogo protetto, anche con i figli, di solito in età infantile.

La conseguenza era di una duplice sofferenza, in quanto non solo la donna era persona offesa ma, anche, doveva subire il disagio di non poter più abitare nella propria dimora. Per far fronte a questo incremento di violenza ho ritenuto necessario emettere una direttiva che impone l’allontanamento dell’uomo autore della violenza, costringendolo a lasciare l’abitazione, con la proibizione di farvi ritorno.

Le persone colpite da questo provvedimento hanno cessato la loro condotta contro le proprie compagne o coniugi. Ho ritenuto opportuno continuare in questa direzione, anche in tempi, per così dire, normali.

Il contrasto alla violenza di genere è caratterizzato da una cultura di retroguardia, che vede la donna come oggetto e, di conseguenza, destinataria di sopraffazione fisica e morale. L’impegno di tutti (istituzioni, associazioni di volontariato, forze sociali) deve essere finalizzato a debellare in primo luogo questo sottoprodotto culturale. La Procura della Repubblica di Trento ha istituito con cadenza annuale corsi di formazione destinati ad appartenenti a forze dell’ordine e partecipa a quelli organizzati dalla provincia autonoma di Trento.
Voglio qui ribadire che soltanto attraverso un impegno comune e coordinato si inizia a cambiare il modo di pensare dell’uomo sulla donna. Per questo è indispensabile che ogni forza pubblica e privata dia il meglio di sé. Anche nelle piccole cose di ogni giorno. A volte è sufficiente un sorriso per accogliere chi ha subito e sofferto per anni.
Desidero qui ringraziare gli Stati Generali delle Donne per avermi conferito
due anni fa il premio di Uomo Illuminato.
È il riconoscimento di cui sono più orgoglioso e che condivido con tutte le colleghe e i colleghi e gli appartenenti alla Polizia giudiziaria che ogni giorno lottano per contrastare la violenza di genere. Il mio impegno sarà ancora più forte per comporre una tessera di quel mosaico che costruiremo insieme.

Fonte: Rispetto delle donne tutto l’anno